Il termine “agnostico” serve ad indicare un soggetto legato all’agnosticismo, un atteggiamento che di fatto ammette la possibilità che alcune cose della vita e del mondo non possano essere conosciute o spiegate in maniera certa.
Vediamo però meglio da dove nasce questo termine, che significato ha e cosa tenere in considerazione prima di usarlo nella vita di tutti i giorni e in contesti di vario tipo.
Origine e significato della parola “agnostico”
L’etimologia del termine agnostico è legata al greco, e in particolare alla “a” privativa seguita dal termine “conoscenza”.
L’agnostico infatti accetta che non tutto nel mondo possa essere noto, spiegato, conosciuto e che dunque non tutto debba e possa essere spiegato e compreso con la mente.
Si tratta di un approccio dunque assolutamente razionale e secondo molti anche estremamente maturo.
Anche in ambito filosofico ha radici antiche, e in particolare viene collegato alla visione di Emmanuel Kant e alle sue Critica della Ragion Pura e Critica della Ragion Pratica.
Nel linguaggio comune e spiccio, il termine viene utilizzato per identificare un soggetto razionale, che ha un approccio chiaro, lineare, che può essere seguito con la logica e la mente.
Alcuni sono soliti legare al termine una accezione negativa, dal momento che legano alla persona una mancanza di valori, di riferimenti morali, di passioni capaci di sconfinare ogni singola cosa che la ragione non riesce a spiegare.
Agnosticismo e religione
Molto spesso il termine agnostico viene trasferito ed utilizzato in ambito religioso, dove spesso il suo significato viene sovrapposto a quello di ateo; in realtà un approccio agnostico si lega ad un soggetto che di fatto riconosce di non avere gli strumenti per valutare, spiegare e provare l’esistenza di Dio e alla luce di questo dunque decide di non credere.
Riconosce che possa esistere un’entità superiore, ma non l’accetta perché non può verificarlo.
L’ateo, invece, lo rifiuta a prescindere.