Lo vediamo scritto sui muri delle nostre città, nelle canzoni, negli striscioni dello stadio e, negli ultimi tempi, anche al cinema. E’ la sigla Acab, un acronimo che indica la frase inglese “All Corps Are Bastard”.
Un messaggio chiaro di insofferenza verso le istituzioni e soprattutto verso le forze armate che si manifesta in ambito politico, nel tifo e, più in generale, nella cosiddetta “vita di strada”.
La nascita del termine risale agli anni ’70. Siamo nella Gran Bretagna violenta dove le partite di calcio si trasformavano spesso in incontri di pugilato. Una valvola di sfogo per una condizione economica allora particolarmente depressa e per le rivalità, mai sopite, tra i quartieri operai di Londra o nelle cittadine dell’hinterland.
Le origini: il termine Acab negli skinhead
Furono proprio loro ad introdurre per prima la sigla “tutti i poliziotti sono bastardi” nel 1969. Una base sociale di sottoproletariato e malessere caratterizza la nascita degli skin che inizialmente non avevano una marcata appartenenza politica. Con il passare degli anni il gruppo cominciò ad avere forti legami con il Fronte Nazionale inglese, un partito di estrema destra che si tradusse, successivamente con la nascita dei Blood and Honour, una gang di estrema destra inglese.
Proprio in questo ambito nacque l’acronimo Acab, una serie di semplici lettere in grado di determinare una particolare concezione della vita, in aperto contrasto con le istituzioni.
Ma furono i The – 4 Skins a contribuire notevolmente alla diffusione del termine con una canzone con il titolo “Acab”. Il gruppo era composto interamente di skinhead con rapporti molto stretti con il mondo delle tifoserie calcistica. Da allora la diffusione toccò i due ambiti.
Gli hooligans degli anni Settanta
Ormai lo slogan era sulla bocca di tutti grazie alla popolarità della canzone. Pronunciare l’acronimo, infatti, era sinonimo di appartenenza ad una determinata filosofia di vita. Che fosse una partita di calcio o una manifestazione politica, l’odio verso le forze di Polizia era connaturato nella tradizione degli skinhead delle diverse appartenenze politiche.
Il termine Acab, successivamente, travalicò gli schieramenti passando dalla bocca dei fascisti ai comunisti, dagli hooligans del West Ham a quelli del Milwall. Insomma nemici per la pelle, ma con slogan simili ed un obbiettivo comune: combattere la Polizia.
La repressione successiva degli anni ottanta servì a calmare gli animi nello stadio, ma non l’odio per lo Stato e i militari. La cultura della ribellione è rimasta sostanzialmente immutata in parte dell’ambiente giovanile e del sottoproletariato delle periferie inglesi: insomma il Governo calmò gli hooligans, ma non la filosofia Acab.
ACAB in Italia
Contemporaneamente all’accendersi della repressione in Oltremanica, la cultura hooligans, o meglio degli skinheads, cominciò ad espandersi in Europa ed, in misura minore, negli Stati Uniti D’America. Facendo leva sul malessere sociale, la subcultura Acab ebbe pieno consenso in ambienti come i sobborghi francesi, italiani e tedeschi.
Il termine, in particolare in Italia, prende spunto soprattutto dalle ricorrenti occasioni di scontri con Carabinieri e Polizia, soprattutto allo stadio.
Per anni nel Vecchio Continente la sigla Acab è, però, rimasta sostanzialmente confinata nell’ambito delle tifoserie di calcio. Nel 1977 cominciano, così, ad essere avvistati i primi striscioni nelle curve di mezza Europa con lo slogan “All Corps Are Bastards” inaugurando un continuo rimando alla tradizione hooligans che, nel Vecchio Continente, veniva vista come un modello da seguire.
Con gli anni, l’evoluzione, ha portato lo slogan in contesti del tutto diversi come l’ambito carcerario o politico, anche se in misura minore rispetto all’originaria tradizione delle città inglesi. Anche nel nostro paese l’acronimo ha travalicato l’appartenenza politica anche se una diffusione maggiore è registrata nei gruppi neofascisti e antiautoritaristi (anarchici).
Il termine All Corps Are Bastards al giorno d’oggi
Magliette, adesivi, murales, slogan: la diffusione del termine oggi non ha confini e, come molti fenomeni sociali e soprattutto giovanili, è diventato uno strumento di merchandising.
Non si contano i prodotti che vengono venduti, nelle più differenti occasioni, con lo slogan in bella vista. Mostrare oggi la sigla Acab sulla t-shirt è, in un certo senso, di moda.
Lontano dalla condizione di malessere sociale, ma più vicina allo spirito di ribellione fine a sé stessa, oggi l’acronimo è diventato di uso estremamente comune e ben lontano dalle condizioni originali. Insomma uno slogan più che un preciso modo di vivere.
ACAB, il film
A decretare la massima diffusione dell’acronimo è stato un film, prodotto nel 2012, e diretto da Franco Solina. Proiettato in tutte le sale italiane, la pellicola ha riproposto il termine al grande pubblico. La trama tratta di un gruppo di tre “celerini” impegnati nel lavoro di contrasto agli episodi di violenza allo stadio e nelle strade.
Il gruppo di poliziotti agisce sul filo della legalità rendendosi spesso protagonista di episodi poco onorevoli.
Punizioni eccessive, confronti duri e veri e propri pestaggi caratterizzano il modus operandi degli agenti, tutti affetti da gravi problemi personali e familiari ed incattiviti dall’uccisione del collega Filippo Raciti in occasione del derby siciliano tra Catania e Palermo nel 2007.
Una spirale di violenza caratterizza così la pellicola con i tifosi che manifestano l’intenzione di “vendicare” l’uccisione del tifoso laziale Gabriele Sandri e i fatti del G8 di Genova.