Lo abbiamo conosciuto sui telegiornali delle reti nazionali e non. L’acronimo Isis è entrato, ormai, nel linguaggio comune in relazione al terrorismo islamico. Che siano gli attentati in Europa o la guerra civile in Siria ed in Iraq.
L’acronimo Isis ha un significato che rimanda al terrore ed al male che, in generale, affligge il Medio Oriente e direttamente anche le nostre latitudini.
Isis: significato ed origine
“Stato Islamico dell’Iraq e al Sham“. Il significato originario del termine indica un preciso ambito geografico comprendente, oltre all’Iraq, la regione della Siria.
Se inizialmente il gruppo di estremisti si componeva di non più di dieci miliziani, con il tempo grazie ai foreign fighters e a militanti locali, l’organizzazione ha visto una crescita esponenziale.
Il gruppo di estremisti viene sporadicamente indicato anche come Isil (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) o, prettamente in ambito diplomatico, come Daesh. Insomma termini differenti, ma concordi nell’indicare l’organizzazione terroristica di matrice sunnita che da alcuni anni terrorizza il Medio Oriente e l’Occidente. Ma qual è lo scopo dell’Isis?
Gli obiettivi dello Stato Islamico
Era il 5 luglio del 2014 quando Abu Bakr al-Baghdadi proferì un’allocuzione nella moschea di Mosul che rimarrà nella storia. Un lungo discorso nel quale il capo dell’organizzazione richiamò i musulmani di tutto il mondo invitandoli alla battaglia contro gli “infedeli”. Imporre il verbo del Corano in tutto il mondo era l’obbiettivo dichiarato del califfo che, da allora, inaugurò una lunga epoca di terrore.
Approfittando della situazione di perenne caos nel quale versava l’Iraq e della “Primavera Araba” che sconvolgeva la Siria, il gruppo di miliziani cominciò ad imporsi in un territorio sempre più vasto approfittando del mancato interessamento delle forze occidentali.
Gli obiettivi dell’Isis si delineano già in questa prima fase con l’imposizione della dottrina della legge islamica, la Shari’a, nei territori conquistati oltre al massacro dei cosiddetti infedeli: cristiani, musulmani sciiti, curdi e dell’etnia degli yazidi.
Insomma chiunque non appartenesse alla corrente sunnita veniva ucciso tra atroci sofferenze. Nell’imposizione del califfato sunnita e nella persecuzione dei cosiddetti infedeli possiamo individuare, quindi, i principali obiettivi dell’Isis.
Le radici dell’Isis e come nasce
Per comprendere al meglio la nascita e lo sviluppo dello Stato Islamico non si può non tenere in considerazione il contesto che, dal 2003, ha caratterizzato la Siria e soprattutto l’Iraq.
La sconfitta dell’esercito iracheno nella guerra contro gli Usa e l’impiccagione dei Saddam sembrava avesse portato il paese ad una svolta. In realtà la svolta che si apprestava a vivere il paese era un baratro di violenze e confusione.
Governi sciiti che opprimevano la minoranza sunnita, curdi che aspiravano a separarsi, una classe politica tra le più corrotte al mondo e soprattutto una condizione di perenne insicurezza si aprì per il paese.
Attentati sanguinosi, persecuzioni ed una diffusione sempre più radicale degli estremismi. L’Iraq, consegnato dagli americani, era caratterizzato da un potere debole, incapace di resistere all’ondata di violenza e terrore. Era Al Zarqawi, leader di Al Quaeda, a tirare le fila di una instabilità perenne. L’intenzione era quella di creare un Califfato islamico.
L’uccisione di Bin Laden e dello stesso Al Zarqawi decapitò l’organizzazione. Ma l’idea del Califfato islamico era ormai nata e l’avvento di una nuova organizzazione di ispirazione sunnita, che ne prendesse le redini, era solo questione di tempo.
La diffusione dello Stato Islamico nel mondo
L’avanzata dello Stato Islamico è stata, nei mesi successivi al discorso di Al-Baghdadi, fulminea. Approfittando della condizione di debolezza dei governi centrali, l’Isis ha presto conquistato un’area a nord dell’Iraq corrispondente alla città di Mosul, fino il nord est della Siria con Deir El Zour e Raqqa che presto fu proclamata capitale dello Stato Islamico.
Oltre all’Estremo Oriente, l’organizzazione ha affiliazioni in Libia, i gruppi del Khorasan attivi a cavallo tra Afghanistan e Pakistan, in varie aree dell’Africa Subsahariana come la Mauritania, il Mali e il Niger oltre alla Nigeria dove abbiamo visto le stragi di Boko Haram.
Ma l’Isis è attivo anche in Europa. Tutti ricordiamo le stragi, a firma dello Stato Islamico, in Francia, in Belgio e, attraverso episodi minori, in Germania.
L’Isis in Italia
Nonostante non sia mai stata interessata da attacchi terroristici, l’Italia è stata da sempre minacciata direttamente o indirettamente dallo Stato Islamico. La guerra civile in Libia ha portato l’organizzazione pericolosamente vicina alle nostre coste. Più volte gli estremisti hanno indicato l’Italia, ma soprattutto la Città del Vaticano, come un possibile obbiettivo di attentati suicidi.
L’attività di antiterrorismo delle Forze dell’Ordine ha portato a numerose espulsioni confermando come la presenza dei fondamentalisti nel nostro paese sia un dato di fatto. Albanesi, tunisini, marocchini, ma anche italiani convertiti all’Islam, hanno più volto dato segnali di attività nascoste. Numerosi anche i foreign fighters, dal nostro paese, hanno raggiunto i luoghi di guerra supportando l’attività dello Stato Islamico.
Sono un centinaio i miliziani partiti dal nostro paese a cui si aggiungono le 65 persone espulse nel corso del 2015. Dati notevolmente inferiori a paesi europei come la Francia e il Belgio dove il problema assume proporzioni maggiori, ma che comunque denotano un fenomeno rispetto al quale è indispensabile non abbassare l’attenzione.